La Legge 104 è fondamentale per la tutela dei diritti delle persone affette da disabilità. Questa riconosce i permessi dal lavoro e il congedo di 2 anni ai familiari, a seconda del grado di parentela.
Introdotta nel 1992, la Legge 104 è stata ideata per venire incontro alle esigenze delle persone con disabilità prendendo in carico la tutela dei loro diritti e garantendo l’assistenza di cui necessitano i diretti interessati, oltre alla loro integrazione sociale. A poter beneficiare delle agevolazioni, però, non sono solamente gli individui disabili. Anche i familiari di questi ultimi possono usufruire dei permessi dal lavoro, insieme al congedo straordinario della durata di 2 anni.
La normativa prevede una serie di benefici per i portatori di disabilità che effettuano l’apposita domanda. Per godere delle agevolazioni riconosciute con la Legge 104, è necessario ottenere un accertamento che attesti le proprie condizioni. Ad occuparsene deve essere una commissione medica appartenente all’ASL, la quale procederà con un esame per verificare la disabilità. La richiesta andrà poi presentata all’INPS.
La Legge 104 mira a rimuovere gli ostacoli che potrebbero complicare l’integrazione della persona con disabilità nei diversi ambiti della sua vita (come la scuola e il lavoro) e punta sul fornire un’adeguata assistenza a chi ne beneficia. In quest’ottica, il supporto dei membri della famiglia che si prendono cura dell’individuo disabile ha un ruolo centrale.
Le agevolazioni della Legge 104 si rivolgono sia alla persona con disabilità che ai caregiver familiari. Questi ultimi, infatti, possono ricorrere ai permessi retribuiti dal lavoro (utilizzabili per 3 giorni ogni mese) e al congedo straordinario che prevede di ottenere fino a 2 anni di aspettativa retribuita durante la propria carriera. Non tutti i parenti, però, hanno modo di usufruire dei benefici allo stesso modo.
I permessi dal lavoro possono essere richiesti dai genitori e dal partner (che si tratti del coniuge o del convivente di fatto) dalla persona disabile. A loro si aggiungono i parenti e gli affini di secondo grado e quelli di terzo grado nel caso in cui i genitori e il partner dovessero avere più di 65 anni, essere interessati da malattie invalidanti o passati a miglior vita.
Un tempo ad avere diritto ai permessi retribuiti era esclusivamente un membro della famiglia. Due anni fa, però, questa restrizione è venuta meno. Ora è riconosciuta la possibilità per più parenti di dedicarsi alla cura del membro della famiglia disabile. Inoltre, non è necessaria la co-abitazione per poter utilizzare i permessi. Qualora la persona con disabilità dovesse vivere ad oltre 150 km dal parente, tuttavia, è richiesta una prova dell’assistenza.
Per quanto riguarda il congedo straordinario, la normativa si fa più stringente. Questo può essere ottenuto dal coniuge convivente o dai genitori (in assenza del partner o nell’eventualità in cui non fosse disponibile). A beneficiarne possono essere anche i figli (nel caso di indisponibilità dei genitori), i fratello o le sorelle (in mancanza dei figli) oppure parenti e affini (se non dovessero esserci altri familiari) purché siano conviventi della persona con disabilità.
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